In breve, la preistoria e protostoria dell'Istria e dei suoi castellieri

[Tratto da: Francesco Semi, Istria e Dalmazia - Uomini e tempi, editore Del Bianco (1991), courtesy of Mario Demetlica.]

L'uomo fece la sua comparsa in Istria circa 800.000 anni or sono, come lo attestano i resti di fauna villafranchiana unitamente ad alcuni ciottoli scheggiati ad una estremità ed un dente rinvenuti nel deposito inferiore della grotta di San Daniele presso Pola.

Si tratta di resti della più antica cultura umana, la cosiddetta Pebble Culture e, tenuto conto delle profonde modificazioni morfologiche dell'alto Adriatico in quei tempi, non possiamo escludere che la grotta di San Daniele rappresentasse una delle tappe lungo la via percorsa dall'uomo eretto per raggiungere la penisola italiana. A circa 70.000 anni si può far risalire la presenza in Istria dell'Homo sapiens neanderthalensis, portatore della cultura musteriana, i cui resti sono stati trovati nella grotta di Oprimo ed a San Sergio presso Capodistria.

Tenuto conto della situazione che esiste nei territori finitimi all'Istria, dei rinvenimenti nel deposito di Visogliano nel Carso che si fanno oggi risalire a circa 450.000 anni, possiamo essere certi che con l'intensificarsi delle ricerche sarà colmato il vuoto che sembra esistere tra i resti lasciati dal primo uomo e quelli dei neandertaliani.

Un'ampia documentazione si ha sulla presenza in Istria dell`Homo sapiens del paleotico superiore con l'industria aurignaciana rinvenuta nella grotta di San Daniele e con le industrie dell'epigravettiano rinvenute in questa grotta e in quelle di Romualdo, di Salvore di Gradina ed inoltre in alcune grotte di Cherso e Lussino.

Non si possiede ancora una sufficiente documentazione sugli eventi e sulle caratteristiche culturali veriflcatesi in quell'arco di tempo, il mesolitico, che segna il passaggio dalla economia di caccia e raccolta del paleolitico alla economia neolitica basata sull'agricoltura e sull'allevamento.

La presenza nella nostra penisola di genti appartenenti allo stadio culturale neolitico è documentata dai rinvenimenti di resti della corrente culturale della ceramica impressa che si possono far risalire tra i 7000 e i 6000 anni da oggi, presenti a Verudella, a Montorcino e Boncastel di Dignano, a Vercivan e nell`isola del Vescovo presso Medolino, a Grumazza presso Cavrano. Le caratteristiche riscontrate in questi due ultimi insediamenti indicano i poli estremi del processo di neoliticizzazione dell'Istria: all'isola del Vescovo il tipo di economia e l'industria litica sono ancora di tradizione paleolitico superiore-mesolitico, mentre a Grumazza l'economia e le caratteristiche ergologiche sono proprie del pieno neolitico.

Poche ma significative tracce dello spostamento dalle isole e dalla costa dalmata di genti in possesso della corrente culturale della ceramica dipinta si hanno nella grotta di Vasan e nel castelliere di Leme, dove sono stati trovati frammenti della ceramica appartenente alla cultura di Danilo (presso Sebenico) e da un frammento di ceramica della cultura di Lesina trovato a punta Predisel.

Lo stadio dei metalli nella fase piu' antica (informa sempre il prof. Radmilli) è documentato in Istria dalla cultura di Lasinja nella quale è evidente il substrato di Danilo nel quale si innestano elementi delle culture della Slovenia e della Croazia nord-occidentale. Il pieno eneolitico è presente con la cultura palafitticola di Lubiana, i cui resti sono stati rinvenuti nella grotta di San Daniele, alla Zingarella e in una caverna presso Sbrani. In queste due ultime località è stata trovata pure la ceramica a scopettato (o besenstrich), la quale segna la fase finale dell'eneolitico e gli inizi dell'età del bronzo. Questa ceramica è presente in abbondanza nell'isola di Brioni, a Punta Pradisel, ecc.

Per ora non siamo in grado di precisare in quale momento, nell'ambito dell'età del bronzo, si afferma in Istria la cultura dei castellieri, che A.M. Radmilli esclude possa essere autoctona. Egli infatti dice:

«La successione stratigrafica, coperta in questi ultimi anni in diversi castellieri dell'Istria di culture che vanno dal neolitico sino all'età del ferro, risolve il problema della presenza di elementi neolitici e eneolitici nei livelli propri della cultura dei castellieri e certamente non può essere presa come prova di una autoctonia della cultura dei castellieri stessi». Ed aggiunge: «Poiché questa cultura si trova diffusa lungo la costa e Ie isole dalmate, è verosimile la teoria di Raffaello Battaglia di una sua derivazione dal Mediterraneo meridionale»...

Per essere certi bisognerebbe conoscere con precisione l'origine di chi ha costruito e abitato i castellieri. In proposito esistono numerose teorie, alcune abbandonate, altre che avrebbero bisogno di ulteriori prove per poterle accettare i più importanti castellieri dell`Istria.

Comunque sia, i castellieri (termine che deriva dal latino castellum attraverso un medievale castelerium: in un documento del 1096 si legge castelerium de fontana, in un altro del 1125 castilier, in uno del 1229 in loco qui dicitur castiliro, in un sigillo trecentesco castilir furono attribuiti ad epoca pre-romana per la prima volta da Carlo De Franceschi nel 1853 (e da lui confermato nel 1863, dopo aver visitato i castellieri di Mordelle e di due dei tre Pizzughi), e poi da Tomaso Luciani e Antonio Covaz. In Istria ce ne sono oltre cinquecento.

I castellieri sono costituiti da tre element! essenziali: cinta, ripiano, abitazioni; e non possono essere considerati città, ma villaggi fortificati. Soltanto a Nesazio per la presenza della cosiddetta «grande statuaria» è ipotizabile il carattere di città; e si può ritenere Nesazio non solo la capitale degli Istri, ma anche centro religioso, dato il carattere dei reperti.

Accanto (raramente dentro) al castelliere, era la necropoli nella fase piu antica ad inumazione, e, successivamente, ad inumazione e cremazione come si riscontra a Nesazio e in altri castellieri. Di Nesazio, Montorcino, Pizzughi, Elleri sono i piu notevoli reperti; recentemente il castelliere di Leme, con la necropoli entro la cinta, contrariamente alla necropoli di Montorcino, ha rivelato una notevole importanza, e si attende la pubblicazione che ne riferisca. In generale sembra oggi che si possa parlare d'un carattere che distingua la ceramica reperta nei castellieri istriani da quella degli altri castellieri della Venezia Giulia, e che consenta di parlare d'una «cultura di Montorcino» (definizione del Battaglia); e particolari di questo carattere sono le anse angolari ad espansione triangolare o semicircolare dell'attacco superiore, le anse a gola, le anse di presa forata o impervia a espansioni aliformi laterali, le anse gemine a linguetta, le anse a maniglia, i piatti tripoli, i vasi ingubbiati decorati da solchi circolari concentrici disposti intorno a una bugna o ad una impressione concoidale e i vasetti globulari a labbra sporgenti e fondo piatto.

Gli Istri sono dunque i portatori della cultura di Montorcino.

Per gli antichi scrittori, - e in questo concordano gli autori moderni, - questo antico popolo si era saldamente esteso sino al Timavo. In questo caso le fonti antiche trovano conferma in tutti i castellieri lungo il ciglione carsico prospiciente il mare che hanno dato reperti sicuri riferibili a quella cultura o per lo meno tracce di una sua preponderante influenza.

Dopo la sconfitta del 178 a.C. i Romani, l'anno successivo, seguendo la direttrice lungo la costa, sconfissero i castricoli e distrussero Mutila, Faveria e la capitale Nesazio.

Nei primi tempi dell'occupazione romana e fino all'epoca di Cesare l'Istria divenne una zona di transito per le truppe romane che raggiungevano la penisola balcanica e la Pannonia, per cui è probabile che alcuni castellieri anche nell'interno siano stati trasformati in castra, mentre in altri gli indigeni continuavano la loro vita ed anzi, approfittando delle guerre che conducevano i romani, ripresero le ostilità, finchè non furono definitivamente sconfitti dal console Gaio Sempronio Tuditano.

Nella guerra fra Cesare e Pompeo i castricoli si schierarono con quest'ultimo e presero parte alla battaglia navale del 49 a.C. avvenuta nel canale del Maltempo tra l'isola di Veglia e la costa orientate.

Augusto, dopo avere spostato tra il 18 e il 12 a.C. il confine orientale lungo l'Arsia, si preoccupò di accelerare la romanizzazione della X Regio Venetia et Istria assegnando le popolazioni che vivevano all' interno a quelle ormai romanizzate che vivevano lungo la costa.

Possiamo ben concludere con Ernesto Sestan (v. infra) che la romanità dell'Istria, per la profondità delle sue radici, per la durata nel tempo non è punto diversa ne di qualità deteriore rispetto alla romanità delle altre terre dell'Italia settentrionale».

Antonio M.Radmilli
(Da studi e informazioni dello stesso)

 P.S. -  Lauro Decarli riassume (in Origine del dialetto veneto istriano, Trieste, 1976) gli studi sul significato del termine Istria, ma (a ragione) non tenta nuove ipotesi. Gianna G. Buti e Giacomo Devoto (in Preistoria e storia delle regioni d'ltalia, Firenze, 1974) si limitano a segnalare il sicuro passaggio di nuclei di tradizione indoeuropea per la Venetia Giulia e a scrivere che «la prima affermazione organica, corrispondente alla civiltà dei castellieri, ci suggerisce una doppia dominazione etnica, l'una generica collegata alle tradizioni nord-italiche che si sono spinte lontano nella pianura padana (...), l'altra specifica, associata al venetico e al centra culturale di Este».

Quanto alla provenienza degli Istri (popolo pelasgico, marittimo, secondo gli antichi scrittori) si accenna alla Tracia; e Julius Pokorny - (in Dogermanisches ethimologisches Wòrterbuch, Bern-Munchen, 1959-1969) sotto la radice EIS (portatrice del significato di «impetuoso», «rapido nel muoversi» ricorda il termine tracio Istros (aggiunge: «finora si è spiegato Istros da ls-ro-s») e lo associa all'idronimo Instrutis dell'antico prussiano. Si può affermare che Istri significhi «impetuosi», «rapidi nei movimenti»? - Giovan Battista Pellegrini (in Panorama di storia linguistica giuliano-carnica, in «Studi goriziani», XXIX, 1961) ritiene assai probabile un'nfiltrazione venetica: l'Istria sarebbe stata tramite della civiltà venetica con quella liburnica.

Citato da Strabone, in greco la parola non porta mai lo spirito aspro (e così neppure l'Istros-Danubio) che giustifichi l`H iniziale della forma latina Histria. Nei testi mediovali si trova pure Ystria (f.s.)

 


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Created: Thursday, May 13, 2004; Last updated: Thursday, May 20, 2021
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