Notizie intorno alla vita e alle opere del canonico D. Vincenzo Scussa
di F. Cameroni
[Tratto da: Storia cronografica di Trieste, dalla sua origine sino
all'anno 1695 del cananico Vincenzo Scussa Triestino, cogli annali dal 1695 al
1848 del procuratore civico Cav. Pietro Dott. Kandler, Stab. Tipogr. Litogr.
di Coen Editore (Trieste, 1863), "Notizie intorno alla vita e alle opere del
canonico D. Vincenzo Scussa", p. 5-8.]
Vincenzo Scussa nacque in
Trieste nel Giugno 1620, da Antonio
Scussa, maestro salinaro, e Caterina Conti, di lignaggio essa pur
popolana. Come primogenito ch' egli era, tra per ragione di certa
consuetudine, e tra per consiglio d'uno zio materno, il canonico
Lazzaro Francol, che avrebbe scoperto nel giovinetto disposizione
naturale a costumi civili, e proclività allo studio, fu questi dato
in educazione ai RR. PP. Gesuiti, i quali, nell'anno appunto in cui
venne alla luce lo Scussa, facendo pago un antico desiderio di
Trieste, che voleva avere scuole di
maggior levatura che non fossero le sole sue di grammatica e belle
lettere, vi si erano fissati, ed avevano aperto un collegio o
ginnasio che dir si voglia. Compiuta la rettorica sotto la direzione
del P. Alessandro Posarelli, che vi sedeva prefetto, fu inviato,
secondo alcuno pretende, a Gratz, o, com' altri, con più di
probabilità vogliono credere, a Padova, nella cui Università
esistevano apposite fondazioni per Triestini, coll'intendimento che
avesse a proseguirvi gli studî nella facoltà civile e canonica.
Assolta la quale, si restituì in patria, dove, nel lasso di
cinque anni, ebbe la sventura di perdere amendue i genitori, ch'egli amava con
pia tenerezza, e con quel rispetto che sì grandemente abbellisce il tempo
antico. Dal che conseguitò dovesse sottentrare egli stesso in loro vece,
assumendo verso i proprî fratelli minori le parti di quelli; ufficio ch' e seppe
disimpegnare con anima bastante al triplice malagevole carico, di provvedere,
cioè, quei derelitti di tutto quanto è necessario alla vita, d'informarne colla
dottrina la mente, di stabilire cogli esempi nel loro animo quella bontà, quella
rettitudine, quella pietà, ch'erano virtù ingenite dei compianti autori de'
suoi giorni.
Le quali amorevoli cure, avendolo educato al culto degli affetti, e resolo
sollecito delle gioie domestiche, eccitarono in lui desiderio di farsi più
dirittamente utile membro della società, col crearsi intorno una famiglia sua
propria. Congiuntosi pertanto in [6] matrimonio con Caterina Passara,
immagine di bontà e di candore, spirito amabile e sensato, lo Scussa risguardò
quel vincolo siccome il complemento di sua esistenza, e promise a sè stesso un
avvenire ricolmo d'ogni più desiderabile felicità. Ma Iddio aveva altrimenti
ordinato nell'imperscrutabile decreto del suo consiglio; imperò che, aggiunto
appena al dolce nome di marito, quello dolcissimo di padre, si trovò spogliato
quasi in un ora e dell'uno e dell'altro, ed ebbe il cuore atrocemente piagato in
quelli appunto che sono i più forti e delicati degli umani affetti.
In sì miserevole condizione, non seppe egli ravvisare miglior porto di pace,
che aprendo l'orecchio alle interne voci dell'anima, obbedendo a quei sentimenti
religiosi ch'erano in lui quasi connaturali, e che le istituzioni in cui fu
cresciuto vi avevano profondamente radicati e invigoriti. Rivolse pertanto
l'animo e i pensieri a quello stato al quale i parenti di lui con ferventissimo
desiderio lo avevano di lunga mano predisposto; quello stato che all' uomo anche
più povero, offre opportunità e mezzi infiniti di giovare altrui nelle svariate
vicende dei casi umani, mercè la carità dell' istruzione, quella dei consigli,
quella dei conforti; mercè l'unzione della speranza, e il balsamo delle future
consolazioni.
Fu nell'anno 1666, e precisamente nello stesso mese in cui ebbe a sostenere
l'enorme jattura, ch'egli, vestite le divise sacerdotali, entrò risoluto nella
carriera ecclesiastica; costituito ben presto in condizione di cappellano presso
queste RR. Monache Benedettine, e chiamato in pari tempo a professare filosofia.
Dal 1668 al 1672 disimpegnò le mansioni di cancelliere presso il vescovo mons.
Vaccano, e nel 1674, riconosciuto degnissimo di effondere la sua luce da più
alto e maggior candelabro, l'antistite Gorizzuti, succeduto al Vaccano, lo
investì di prebenda e canonicato nella Cattedrale di S. Giusto, e poco dappoi lo
esaltò al seggio di vicario generale.
Uomo fornito di eccellenti virtù, credente nell'anima, schietto nelle
maniere,
povero e amico della povertà, veneratore delle semplici e
sublimi regole del vangelo, facendo di queste la sola norma del suo operare, lo
Scussa in tutto il corso della sua vita sparse di fiori la strada del Signore
(1). Adoratore del bello e del buono, devoto all'esercizio
degli studi e della pazienza, mite, amoroso, non è a dire quant'egli, come
maestro, si affacesse all'anima ed al cuore de'
suoi discepoli; quanto con
l'autorità e la forza del suo consiglio, del suo esempio, delle sue lunghe,
proprie e meditate sperienze, opponendo dighe e serragli, cercasse disciplinare
il vivere cittadino, trarotto di que' giorni ad ogni guisa d'inferme abitudini,
di ree passioni, di violenze e discordie. Cittadino, quant' altri mai, aperto e
compiuto, amava egli Trieste sopra ogni cosa creata, e se le teneva obbligato di
gratitudine e di tenerezza. Ciò che in altri è naturale affetto, era sacrosanto
dovere in lui, il quale soleva dire: la pietà se grande verso i genitori e i
congiunti, grandissima dover essere verso la patria.
Opera e frutto di sì nobile amore, fu il bisogno in lui sempre operoso
d'occuparsi, non già delle accademiche pidocchierie de'
Ricoverati, ma sibbene degli
studi civili; d'onde il suo tenace proposito d'investigare, come fece,
cupidamente, e di riunire le rare e sparte notizie del natio loco, gl'istituti,
gli ufficî, le consuetudini, prendendo le mosse dalle età quasi inaccessibili
alla storia, e progredendo vie via sino e durante i lunghi
[7] giorni in che egli stesso si trovò ad essere testimonio
occulare dei pochi lieti, e dei molti fortunosi avvenimenti di cui screziò la
sua tela.
Quanto riflette ai costumi, alle opinioni, alla civiltà; la potenza e
l'ingegno dell'animo de' cittadini, la loro virtù nelle armi, le glorie, le
calamità, i rivolgimenti, le laide adulazioni, le concorrenze, le discordie, le
larghe promesse, le amare delusioni, i beni da conservare, i mali da abbonire e
tor via, le istituzioni dissipate o perdute da rimettere in piede, quanto gli
sembrò atto e convenevole a fare altrui savio e prudente, quanto ad onorare,
quanto a crescere e prosperare effettualmente il comune, tutto e' raccolse, di
tutto lasciò sommaria contezza nelle sudate sue carte, affinchè i diletti suoi
concittadini potessero dedurne, quando che fosse, addottrinamento al futuro.
E qui ci par degno di nota il ricordare, come avvenisse che lo Scussa, certo
contr'ogni sua aspettazione, abbia dovuto un giorno cordialmente compiacersi con
sè medesimo dell'amorosa opera sua, e benedire il tempo, la pazienza e l'ingegno
che vi aveva adoperato intorno. Ciò dovett'essere il dì delle Ceneri 1690,
giorno nefasto negli annali triestini, come quello in cui arsero e furono
miseramente consunti amendue i palazzi del comune, dove, tra altre cose di non
poco momento, custodivasi il meglio delle memorie e dei documenti interessanti
la patria storia; gravissima perdita, alla quale il buon canonico, che ne fu
dolente spettatore, non potè non ravvisare un qualche ristoro in quelle sue bene
spese fatiche.
E le sue carte furono difatti fondamenti primi e principalissimi a cui
attinsero e s'appoggiarono tutti, niuno eccettuato, i cultori della patria
storia, a cominciare dal P. Ireneo della Croce, il quale (procedendo ben più
onestamente di qualche paraboloso cronista che gli venne dappresso), nel
vantaggiarsi che fece delle fatiche di quel suo degno concive, e coetaneo, ne fa
solenne protesta colle seguenti parole di commendazione e di gratitudine: "Il
mentovato signor Canonico Don Vincenzo Scussa, mio singolarissimo, stimatissimo
e parzialissimo amico, alle cui laboriose fatiche deve molto la Patria nostra, e
questa mia mal composta Historia attribuire alle sue sollecite persuasioni
l'essere venuta al mondo ed alla luce: mentre egli può con ragione vantarsi
d'haver in primo luogo raccolte ed epilogate dalla Cancelleria Episcopale ed
archivio del Ven. Capitolo della Cattedrale di S. Giusto Mart., nostro patrono,
protettore e padrone, molte notizie antiche della Città, che sepolte
nell'oblivione piangevano la lor disgrazia, e sospiravano la diligenza d'alcun
cittadino, qual le palesasse al mondo, e le cavasse da quella miseria, com'egli
fece (2)."
La quale opera dello Scussa, che, rammorbidita un pochino per noi dalle
bruschezze della vecchia ortografia, vede ora di primo tratto la luce, non vorrà
certo tenersi in minor conto per ciò, che il sentimento delle virtù e dei vizî
del favellare non fosse in lui meglio conosciuto di quel che infatti egli sia;
avvegnachè la grandezza ed il valore intrinseco delle materie, fanno, ci pare,
larghissima scusa alla imperfezione dello stile, comune d'altronde al paese e
all'età in che il nostro autore fioriva, nei quali, purtroppo, non era tuttavia
spento il reo giudizio, che faceva risguardare la toscana favella, malgrado il
sovrano esempio dei classici nostri, come lingua di femminette, e lo scriver in
essa un avvolgersi in vesti selvagge. Il perchè, mentre anco Trieste può menar
vanto di non pochi autori suoi proprî, i quali seppero usare elegantemente la
lingua del Lazio, niuno, o quasi niuno, ti occorre innanzi, il quale facesse
[8] parlare la regina Italia in altra lingua (come dice il Perticari),
che di massaia e di schiava.
Oltre alle cronache copiosamente
e con tanta cura adunate, ed a qualche poesia latina; altro lavoro dello Scussa
troviamo citato dal P. Ireneo (3), ed è la
Descrizione della Diocesi Triestina; lavoro giacente forse nei silenzî di
qualche pubblica o privata Biblioteca, sospirando anch' esso, come direbbe il P.
Ireneo, la diligenza d'alcun cittadino il quale, a pro della storia nostra
ecclesiastica, sappia rivolgere le peregrine notizie che racchiude, ed i dati
statistici ond'è spruzzato, i quali (s'altri non erra), sarebbe opera vana
cercare altrove (4).
Il canonico Stancovich
nella sua Biografia degli uomini illustri dell'Istria (vaso di farfalloni)
parlando appunto del nostro Scussa (5), dà contezza d'una
Relazione della Caverna Lugea, che si legge nell'Ireneo (6),
e che, a suo dire, sarebbe la sola cosa che il nostro cronista abbia messo in
palese mediante la stampa. Se non che, il dabben canonico incappa anche quivi in
una delle abituali sue inesattezze, mentre s'egli avesse un po' meno
disavvedutamente consultato l'autore che cita, avrebbe appreso quello scritto
appartenere di più diritta ragione a Don Giambattista Francol, protonotario
apostolico e canonico anch' esso della nostra Cattedrale, il quale (secondo egli
stesso dichiara) avrebbe avuto lo Scussa (amico suo strettissimo) per compagno
nella visita della maravigliosa Caverna, e quindi niente più che concorrente
in abbozzare e comporre quella relazione di cui regalò l'Ireneo.
Lo Scussa rese l'anima a Dio in
Trieste, con molto
cordoglio di cittadini, il dì 13 Settembre 1702, in età più che ottuagenaria,
contento di chiudere gli occhi mentre il paese a lui tanto caro mostrava piegare
a sorti migliori, mercè il concorso di propizie, peculiarissime circostanze, e
la diuturna mirabile cooperazione di zelanti cittadini, i quali, guidati da
carità vera di patria, si studiavano di fare altrui persuaso della naturale
attitudine sua a vasta mercatura, e, colla forza d'inconcussi argomenti,
espugnando discordi e malaffette volontà, conseguire, ch' e' fosse fatto centro
e scala di quell'attività commerciale, il cui maraviglioso sviluppo doveva di
corto fruttificare piena, viva e perenne testimonianza del caldo patriottismo
che ardeva nei loro animi e della sapiente loro antiveggenza.
Le spoglie mortali del nostro cronista furono riposte nella rilevata
sepoltura, che la Cattedrale di S. Giusto, in significazione d'onore e di
riverenza, aveva destinata a custodire le ceneri de' suoi prelati.
F. Cameroni.
Note:
- Questa lode congiunta ad altre onorevolissime al nostro
cronista, si legge in una lettera con cui un Bonomo, sacerdote triestino, dà
parte al P. Ireneo della Croce, allora nei Carmelitani di Padova,
dell'urgente pericolo di vita in cui si trovava l'ottuagenario suo amico,
Don Vincenzo Scussa. — Calogerà Misc.
pag. 209.
- Storia di
Trieste. Venezia
1798
pag. 30.
- Storia di
Trieste. Venezia
1698 pag. 389.
- L'egregio cittadino, sig. Luigi de Jenner, cultore
erudito di cose patrie, alla cui gentilezza dobbiamo il più delle presenti
nozioni, ci rese accorti essere i ms. dello Scussa passati a mani del nipote
di lui, Pietro Antonio Scussa, dottore di leggi; e successivamente in quelle
del figlio di questi, Antonio, cappellano della regia nave S. Elisabetta,
passato più tardi in condizione egualmente di cappellano presso queste RR.
Monache, ed autore pur esso d'una cronachetta triestina inedita dal 1732 al
1749. — Nientedimeno le indagini da noi sperimentate per aver tracce
dell'allegata Descrizione, tornarono onninamente frustranee. Avrà
corso probabilmente il deplorato destino d'altra cronaca triestina, quella
di Paolo Gradense!
- Biografia degli uomini illustri dell'Istria. Tom. II. pag.
282.
- Storia di Trieste, pag. 28.
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