Viaggio dentro la tradizione di Dignano: un
«distillato» di proverbi nel linguaggio dialettale
Dall’antica saggezza popolare detti e
massime per ogni occasione
Anche Dignano, come tanti altri luoghi
dell’Istria, e non soltanto dell’Istria, ha i suoi proverbi i quali,
spesso uguali a quelli di altri popoli, nei secoli sono stati eletti
dalla gente ad autentiche norme di vita. Uguali di solito nel contenuto,
sono naturalmente diversi nel linguaggio dialettale, linguaggio che
purtroppo anche in questo nostro paese della bassa Istria, è parlato
ormai soltanto da pochissimi vecchi o da cultori veri e propri e,
purtroppo, a piano a piano sta scomparendo. Il primo proverbio
boumbaro che vogliamo ricordare è senz’altro quello che dice:
El prouverbio nu fala
mai !
e poi subito l’altro, molto
popolare, tipico dei vecchi contadini dignanesi:
Quil che a zì nei campi
a zì d’Ideio e anche dei Santi!
I valori di una scienza popolare
Certo sarebbe un nostro
compito ricomporre questa bellissima tradizione, non lasciar sparire tutti
questi detti, perché sono dei valori di una scienza popolare che si è
imposta durante lunghi secoli. Ogni ramo della vita aveva i propri proverbi,
vuoi quelli dedicati ai campi, quegli che cantavano l’amore, dei terzi
applicati ai mesi dell’anno, al tempo, alla famiglia, alle molteplici
quotidiane vicissitudini. Abbiamo consultato alcuni vecchi dignanesi, molti
proverbi li abbiamo così potuti in parte rispolverare e al proposito ci
siamo anche fatti aiutare da alcuni scritti, non ultimo quello di Achille
Gorlato. Ed ecco, dunque, di seguito il nostro modesto risultato che
naturalmente è bel lungi dall’essere completo ed esauriente. Ancora un punto
da chiarire: se qualche volta abbiamo errato nello trascrivere il difficile
dialetto, ce ne scusiamo con i... perfezionisti!
Proverbi dei campi
Naturalmente, il pane, l’olio
e il vino erano i prodotti principali, anzi, oserei dire vitali, della
campagna dignanese, soprattutto ai tempi in cui in paese non c’era altra
occupazione che quella di curare la terra. Ed allora eccone alcuni di
seguito: Tera mora fa bon pan / tera bianca vasta el gran! cioè
guasta il grano. Oppure: L’acqua de la montagna no bagna la noustra
campagna! O il classico: Rosso de mateina, la piouva xe vizina, rosso
de sera ben tempo se spera. Ma ecco subito un altro detto dedicato
questa volta a quello che è stato nei secoli il prodotto principale della
campagna dignanese, l’olivo: El vuleio dis: fame pauvaro / se ti voi
ch’ei te faghi rico! e questo perché questa pianta doveva venir potata
di frequente e accuratamente se a novembre si voleva avere un buon raccolto,
cioè quando a San Zousto, 2 novembre,
l’ojo zi par douto!
E adesso veniamo all’uva,
meglio alla coltivazione della vite, altro ramo molto importante
dell’economia agricola dignanese. Ed ecco allora che per avere una buona
vendemmia, il contadino doveva sapere come si potavano i tralci: Cavo
courto, vendima longa!
Proverbi dei mesi
Naturalmente all’anno è
legata una più lunga serie di proverbi, ognuno per ogni mese. Così a
gennaio: La pulvero de jenaro / empio el granaro! Invece soto
l’acqua fam / soto la nive pan! Per questo mese ancora un detto:
Jenaro de fassa aligra / premavira pigra!
A quanto sembra febbraio era giudicato con molta severità. Infatti:
Febraro courto / piezo de douto! Sempre a febbraio arrivava la festa di
San Biagio che è il patrono del paese e allora ecco quasi un oroscopo:
San Biaso de nive – ano bon / San Biaso de sul – poco bon! anche se
Per San Biaso el frido taja el naso! Certo però che anche in questo mese
corto il contadino non se ne stava con le mani in mano: Febraro nu
gratarte e nu vardar, / colzi el ledame e va a ingrassar / ciol la forfe e
va a podar.... Quindi si arriva a marzo. Nonostante la sua instabilità,
Marzo boufon / ura treisto ura bon..., in tutti i casi si diceva:
Marzo no tropo bagnadisso / e no tropo brusadein / empisse el graner e la
bote al contadin. E così siamo arrivati in primavera, il cuculo comincia
a cantare: Quando che canta el couco / a zì da far da par douto! E il
classico: Na roundine a no fa primaveira! Poi giunge april, doulse
dourmir, giunge maggio: avreil bagnà / majo temperà e in giugno
si diceva piouva de San Chirein / porta ojo, pan e vin! Poi a luglio
se bato el gran / e el contadin se cavarà la fam.... Naturalmente
la prima piouva de agosto, a rinfrisca el mar e el busco! Finché per
San Martin, el mosto se fa vein! Per chiudere felicemente l’annata, nel
vedersi la cànova (la cantina) piena di ogni ben di Dio si
concludeva: Per Santa Catereina / l’oio se rafeina!
Proverbi della famiglia
Ed arriviamo così ai proverbi
che riguardavano il vivere della famiglia con tutti i nessi e connessi. Il
capofamiglia, si sa, era sempre il padre, agli ordini del quale ci si doveva
sottoporre senza tante discussioni. Anche se si diceva mejo un toco de
pan e la pase / che un bon bocon e la discordia o meglio: val più na
crosta de pan in contentissa / che tanta, tropa richissa! E ancora:
magari un cafè sulo / ma co l’odur de casa meja! Comunque c’erano anche
molti altri problemi in famiglia e dunque: In quila casa che no zì da
magnà, zì guera in quantità! Infatti Cu manca el gran, le galeine se
beca, invece
Cu zì la casa piena / se fa presto da sena e ancora: co zì pan in
convento / no manca frati dentro! Abbiamo detto che il padre era il
padrone di casa, ma spesso la moglie non si metteva in secondo piano.
Infatti: Pouvara quila casa / dove le galeine canta / e el gal tase!
Anche se logicamente: La dona tien sou tri cantoin de casa / l’omo un
sol.... Certo, la donna era lesta, previdente, tutta per la casa e
veniva assai apprezzata tanto che si diceva: Pouvara quila femena ca par
na galeina / biata quila ca par na furmeiga. Comunque: Tra mujer e
marito / no meter el dito e Can che baja no morsega.
Proverbi dell’amore
Poi ci sono i proverbi
dell’amore, molti per la verità, tra i quali abbiamo scelto: Ninsoun sabo
sensa sul, ninsouna pouta sensa amur! Oppure quello: Con oun culpo
l’albero nu va in tera / con oun baso nu se aquista ‘na mureda! E poi
logicamente: Amour fa amour, lontanansa consouma al cor! Però poteva
anche dirsi: Pioun poco te vido / pioun ben te vojo! E L’amour fa
dei bei teiri / el fa tirar souspiri! Si ammoniva con questo proverbio:
Pouvaro quil che va a catà la pigura / fora del so ciapo! A questo
proposito ancora:
L’amour nasse tra soni e giugeli (gioielli) / e el finisso cun fasse
e panuzeli, anche se Ogni fejo a xi oun capital! E logicamente:
El preimo amour no ciapa mai ruxina! e ancora: Fogo de amour a nu
scalda la pignata! Però anche: Amour sensa basi, cumo el pan sensa
sal e logicamente L’amour no zì brodo de fasioi e per finire
Lountan dai oci a lountan dal cor.
Proverbi di ogni giorno
Arriviamo così ai
numerosissimi proverbi di ogni giorno che erano i più usati, venivano
spontaneamente alla bocca della gente. Ce n’erano per tutti i gusti, in ogni
discussione, in tutte le vicende della vita. Anche in questo caso cercheremo
di ricordare quelli più comuni. Per esempio: Chei jò tempo / no speta
tempo! Ancora: Al tempo perso nu se trouva pioun! Chei va preimo al
mulein, preimo masina! Chei pioun ga, meno dà! Touto al mondo a zì pais; Omo
avisà, el zì meso salvà; Fava o boba a zì touta na roba; Roba dal comun, a
zì roba de nisoun; Chei va pian, va luntan; Coi mati a nu xe pati! Tuti i
mati a nu xe in manicomio! L’avaro el scurtigaria anca un pedocio par
vendarghe la pele! Basta eser mona par eser superbo. Comunque non
bisogna assolutamente dimenticare: El moundo a xi dai furbi! Anche se
quel moundo a zi na cheba de mati!
I vecchi poi erano delle persone previdenti, saggi risparmiatori e perciò:
L’omo che nu sa tegnì el soldo in man / nu val oun carantan (questa
era una moneta veneziana) e quindi anche: I bessi nu jò anema / ma i la
fa perdi! e naturalmente: Chei pioun spendo, manco spendo! E per
concludere anche su questo capitolo ecco: Chei impresta / perde la sesta!
Oppure: Par i debiti, a nu se impeica ninsoun! e Conti ciari /
amicissia lounga nonché Val piou un ovo ogi che na galeina duman.
Parchi i nostri vecchi anche nel bere e nel mangiare. Infatti: Chi magna
sulo al crepa sulo! e soprattutto: Chei pioun magna, manco magna /
chei ca liva massa el goto presto fa capoto!
Per concludere... un brindisi
A proposito di questo ultimo
proverbio, naturalmente c’erano anche le eccezioni alla regola. Conoscevano
troppo bene i vini genuini e allora brindare con qualche bucaleta
piena non doveva fare davvero proprio male: Oun par de leitri de teran /
a ghe fa ben al stumigo san. Poi c’era, oltre alla malvasia, un altro
vino allora molto popolare, il tibidrago, il cui vitigno oggi è praticamente
scomparso dalla campagna dignanese: Tibidrago e malvasia / a zì al pioun
bon vein ca seja. Ma certamente c’è da ricordare ancora un vino speciale
prodotto della campagna dignanese, quello che D’Annunzio chiamò “il vino che
ha il profumo delle rose”, un vino che non mancava mai nelle feste
religiose, famigliari e nazionali e che con una massima storica veniva così
definito: A Dignan da le feste bone / i bivo saempro el vein de ruse!
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