Presenza Ebraica in
Istria
Uno
sguardo su una storia da non dimenticare
Riemergono dal passato nomi, luoghi, vicende
---------------------------------------------------
di Graziella Semacchi Gliubich
English
La
storia del popolo ebraico si snoda attraverso un periodo lunghissimo,
forse il più lungo fra le storie di tutti i popoli. Ha inizio con
Abramo, nel momento in cui lascia la patria e la famiglia per andare
verso la Terra Promessa; ma ciò che ne costituisce il carattere
specifico, nei secoli, è che riesce a mantenere la sua autosufficienza:
a contatto con i grandi movimenti spirituali quali il Cristianesimo,
Maometto, la filosofia aristotelica e scolastica, la scienza medioevale,
l'Umanesimo, il Rinascimento, la Riforma e la Rivoluzione francese, la
storia degli ebrei si svolge parallelamente a quella di tutto il
mondo mediterraneo conservando la propria autonomia.
Istria - XII
e XIII Secolo
Tralasciando le complesse vicende delle
dolorose peregrinazioni di questo popolo dall'indomabile volontà di
sopravvivenza, di cui ha fornito grandi prove anche in epoche
recenti, vediamo di ricostruire gli aspetti legati alla sua presenza in
Istria, che antichi documenti fanno risalire al XIV secolo.
Le condizioni finanziarie della penisola
istriana, nel XII e XIII secolo, non erano delle migliori e, per sopperire
alle necessità dei commerci e del popolo, si era instaurata la pratica di
ricorrere ai servizi dei prestatori di denaro venuti da altri paesi. In
prevalenza mercanti toscani giunti come fuorusciti ghibellini dopo il 1286.
Costoro, diventati sempre più esosi, sollevarono il malcontento generale,
vennero costretti a restituire gli "stromenti di mutuo" e, di conseguenza,
allontanati. Furono sostituiti da "feneratori" ebrei tedeschi. Fenerare
significava prestare denaro ad usura ad un tasso prestabilito e non ; come
avverrà in seguito &endash; a interesse particolarmente elevato. E "banchi
feneratizi" erano definiti quelli che oggi si chiamano Istituti di Credito e
Monti di Pietà.
Molti ebrei della Diaspora, giunti in Europa,
esercitavano quest'attività che era una delle poche loro permesse. Non
potevano, ad esempio, praticare libere professioni - tranne quella di medico
- non potevano fare i soldati, raramente potevano diventare proprietari
d'immobili; potevano però prestare denaro ad usura, termine che allora
significava semplicemente normale interesse. La Chiesa, infatti, che vietava
ai battezzati di "fenerare", secondo l'esortazione evangelica a non
pretendere interessi, ribadita nei vari Concili con le "decretali" e con
numerose disposizioni canoniche, non lo vietava agli ebrei poiché, in quanto
tali, questi erano senza speranza di salvezza. Ma prestare denaro a
interesse, nel Medioevo, equivaleva più o meno all'attribuzione della
qualifica di un pubblico servizio, il che migliorava molto la posizione
sociale dell'ebreo, garantendogli alcune libertà di cui non avrebbe potuto
godere in altre circostanze.
Istria - XVI secolo
Nel corso della storia ci sono state diverse
figure carismatiche che hanno suscitato la falsa speranza nell'imminenza
della redenzione. I primi rapporti noti di aspettative messianiche nelle
terre ceche risalgono alla prima metà del 13° secolo. Altre fonti confermano
l'influenza di Asher Lemmlein (Lämmlein), che predicava del Messia nel nord
Italia e in Istria nel 1502. Era un tedesco che si proclamò d'essere un
precursore del Messia che annunciò che se gli ebrei sarebbero penitenti e
praticarono la carità, entro un anno e mezzo il Messia sarebbe arrivato, ed
una colonna di nube di fumo sarebbe preceduto gli ebrei al loro ritorno a
Gerusalemme.
Avendo guadagnato molti aderenti in Italia,
Lemmlein viaggiò attraverso l'Austria e la Germania, ricevendo enntrambi
simpatia e credibilità. Si dice che anche i cristiani avevano creduto nella
sua profezia messianica. Il cronista Ganz narra che suo nonno aveva
distrutto un forno destinato alla cottura del pane azzimo, credendo
fermamente che in occasione della prossima Pasqua lui sarebbe stato con il
Messia in Palestina. Ovunque Lemmlein passava, si trovavano molti digiuni,
molte preghiere, e molte distribuzioni di elemosina, in modo che l'anno
della sua propaganda è stato chiamato l'anno di penitenza. Ma lui scomparve
improvvisamente; e l'agitazione cessò.
Capodistria - XIII ad XVII
Secolo
Sembra certo che fosse
Capodistria la prima città
istriana a giovarsi delle prestazioni di banchi feneratizi tenuti da ebrei.
Legata a Venezia fin dal 1279 tanto sul piano degli interessi
economici quanto su quelli culturali e di costume, l'antica Giustinopoli ha
fatto giungere fino ai nostri giorni un manoscritto del 1391 che si ritiene
parte di un libro fatto trascrivere dagli ebrei. Vi sono minuziosamente
fissate le garanzie, i diritti e i doveri che interessavano le parti
contraenti, ossia gli ebrei, la comunità e il governo. E si apprende che i
primi feneratori ufficialmente riconosciuti da questo codice furono Davide
Weimar e Salomone de Crucilach, che risiedevano a
Capodistria almeno dal 1386,
poiché si è a conoscenza che in quell'anno già operavano con un regolare
contratto notarile.
Il banco di Davide Weimar si perpetuò
attraverso l'operato dei figli Marco e Mandolino fino al 1434, quando fu
chiuso d'autorità dal podestà Zanzotto Calbo, su volontà della Serenissima,
non più ben disposta verso la piccola comunità ebraica capodistriana. I
dissapori nascevano, ancora una volta, dall'insofferenza dei cristiani verso
i giudei, provocata da fanatismi religiosi comuni nell'Alto Medioevo e dal
fatto che la ricchezza accumulata dai banchieri (oltre all'usura essi
esercitavano anche la riscossione dei dazi e delle gabelle) li rendeva
sempre più invisi al popolo. A
Capodistria si cominciava a
respirare un'aria diversa non solo nei confronti dei feneratori ma anche
verso tutti i correligionari che avevano ottenuto il permesso di abitare e
lavorare nella cittadina: Samuele de Magoncia, Abramo Liberman, Moisè di
Samuele e Samuele di Salomone, con le rispettive famiglie ai quali, nel
1427, il doge Francesco Foscari pur aveva riconosciuto il diritto di
lavorare secondo le consuetudini in vigore. Nonostante la chiusura del banco
e la morte del fratello, Mandolino rimase caparbiamente a
Capodistria sino al 1443, quando
poté riottenere il riconoscimento dei suoi diritti, ingiustamente aboliti.
Grazie probabilmente anche al ricordo della stima goduta dal padre, al quale
persino il Comune di Trieste si era rivolto il 14 maggio del 1416 per
avere un prestito necessario a riscattare dalle mani di Federico conte di
Cilli gli ambasciatori triestini Antonio e Leonardo Blagovicchio.
Negli anni seguenti comparirono altri ebrei,
sempre sottoposti alle regole degli antichi Capitoli alle quali si erano
aggiunte quelle che riconoscevano alla comunità il diritto di poter
osservare senza impedimenti la legge del sabato, di avere una sinagoga
(situata in Calegaria, non lontana dalla strada conosciuta come "Calle degli
Ebrei") e di poter disporre di un proprio cimitero. Però l'insofferenza nei
loro confronti andava aumentando, al punto che nel 1463 il doge Cristoforo
Mauro si vide costretto a raccomandare ufficialmente ai predicatori
cristiani di non aizzare dal pulpito il popolo dei giudei. Due anni dopo,
l'incendio doloso della sinagoga; in seguito soperchierie piccole e grandi
resero sempre più difficile la vita della comunità, che pur si era
dimostrata necessaria alla vita cittadina. Nel 1479 a
Capodistria viveva soltanto un
feneratore, che cessò ben presto di operare, sostituito nuovamente da
mercanti toscani.
La soluzione non diede grandi frutti e si
pensò più volte di richiamare i feneratori ebraici. La richiesta fu respinta
poiché stava maturando l'idea di erigere un Sacro Monte dei Pegni, che entrò
in funzione nel 1550. Non si risolse molto neppure così, per l'economia
cittadina, e nel 1573 al Monte si fece affiancare l'opera di un banchiere
ebreo. Ricomparvero quindi gli ebrei a
Capodistria, spesso però
osteggiati dall'animosità dei capodistriani contrari e dall'istituzione di
un altro Sacro Monte che fu aperto nel 1608.
Pirano - XV ad XVII
Secolo
Ciononostante gli ebrei mantennero il diritto
stipulato col Contratto del 1573, rinnovato ogni dieci anni fino al 1613,
anno in cui la comunità ebraica si accomiatò definitivamente e ufficialmente
dalla città, dopo oltre duecento anni di presenza praticamente continua.
Capodistria non fu l'unica
cittadina a coltivare rapporti più o meno conflittuali con le comunità di
ebrei che, nel tempo, si succedettero nelle varie località della penisola
istriana: Marin Sanudo il Giovane, veneziano, diplomatico, storico e
cronista, nel suo "Itinerario per la terraferma veneziana dell'anno 1483" -
quasi unica fonte di notizie istriane dell'epoca - scrive riguardo a
Pirano che "…qui è bon et perfecto
viver" ma dà anche la conferma che "…la Comunità à Zudei". In quell'anno la
città aveva chiamato Mosè Sacerdote, senza fornirgli però la possibilità di
cercarsi un socio, non essendo egli da solo in grado di soddisfare le
esigenze dei piranesi. L'anno seguente i Capitoli modificati permisero
l'apertura del banco, affidato alla direzione dell'ebreo Giuseppe, ai
fratelli Sacerdote, Mosè e Giacob e ad Abramo e Aronne Stella, che
operarono, assieme ai discendenti, per quasi un secolo e mezzo, finché il
banco "col progresso del tempo restò per l'impotenza de' medesimi dismesso".
I discendenti di queste e di altre famiglie continuarono comunque ad abitare
a
Pirano esercitando vari commerci,
vivendo relativamente tranquilli.
Le norme dei Capitoli che legavano ebrei e
Comune, con l'avallo di Venezia, prevedevano tutti i casi che potevano
turbare l'inserimento degli ebrei, elencando anche i loro doveri nei
confronti della comunità. Fra questi: Giuseppe e compagni - ed i loro
discendenti - dovevano godere degli stessi diritti dei cittadini piranesi;
non potevano essere obbligati a lavorare il sabato e nei giorni delle loro
feste; i macellai dovevano fornire, al prezzo legale, la carne macellata
secondo le usanze ebraiche; il comune si obbligava ad assegnare loro un
terreno per il cimitero e a sorvegliare che non venissero molestati nelle
sinagoghe. Inoltre, i maschi oltre i 13 anni dovevano portare la "O" sugli
abiti, salvo quando viaggiavano per l'Istria o nei territori veneti. Da
quest'obbligo erano esentate le donne. Un'altra norma li obbligava a
rimanere in casa il Venerdì santo per non essere molestati dai cristiani più
fanatici e intolleranti. E' curioso osservare come i feneratori non fossero
tenuti a rispondere dei guasti causati dalle tarme o dai topi alle merci
depositate in pegno.
La chiusura del banco, avvenuta verso il
1630, causò ai commercianti piranesi una situazione alquanto difficile, al
punto da far loro indirizzare al Capitano di Raspo, nel febbraio 1633, la
richiesta della sua riapertura, da affidare ai discendenti dei primi ebrei
insediatisi a
Pirano. Ma dopo vari
tentennamenti, nel 1634, il governo preferì fondare un Monte di Pietà. I
Sacerdoti e gli Stella inviarono a loro volta una petizione per poter
praticare almeno la mercatura e mantenere i diritti acquisiti con i Capitoli
del 1483. Il Consiglio si pronunciò favorevolmente e rinnovò il permesso
negli anni seguenti, in attesa dell'autorizzazione definitiva del Senato di
Venezia, che, non si sa per quali motivi, arrivò appena nel 1681. Questi
cenni costituiscono i tratti essenziali della presenza ebraica a
Pirano, sebbene poco si sappia
dell'effettiva consistenza numerica della comunità che vi si perpetuò fin
quasi ai nostri giorni, completamente inserita nella realtà locale. L'ultima
famiglia ebrea di cui sia giunta notizia, una famiglia "mista" in quanto la
moglie e i figli erano cattolici, quella dei Curzolo, lasciò il paese nel
1944 per mettersi al sicuro dalle persecuzioni.
ALTRE COMMUNITA' ISTRIANE:
Isola - Rovigno
Le vicende degli ebrei, che costituirono una
componente importante delle diverse località istriane, furono condizionate
dalle vicende storiche che facevano capo a Venezia prima e agli
Asburgo poi e da quelle che avevano dato luogo alle numerose migrazioni
e ai massacri; ma si può ragionevolmente supporre che per le comunità
insediate in Istria la qualità della vita, nonostante gli inevitabili
problemi quotidiani, fosse buona.
Isola - Trieste - Rovigno:
XV - Secolo
A Isola
è accertata, nel 1478, la presenza di Davide Maier che ebbe rapporti
commerciali anche con le altre cittadine. Comparino di Ganhausen visse e
lavorò a
Pola
nel 1427, proprietario di un banco feneratizio in società con certi Samuele
e Iona: ebbero intense relazioni commerciali con Salomone, feneratore nella
città di
Trieste. Nulla si sa per
Parenzo. Monsignor
Tommasini, vescovo di
Cittanova, racconta nei suoi
"Commentari storico geografici della provincia dell'Istria" come nel 1647
esistesse ancora a Rovigno una
famiglia di ebrei composta dai fratelli Abram e Lucio Stella, "il primo
molto virtuoso e versato nella poesia, l'altro dedito ai negozi", ultimi
discendenti di un ceppo importante stabilitosi a
Rovigno fin da tempi remoti. La
loro abitazione era situata nel "ghetto" esistente tra la contrada
Parenzo e la contrada Grisia, dove
si trovava la casa di un avo paterno del famoso glottologo
Antonio Ive (1851-1937). Durante le opere di restauro dell' edificio
vennero rinvenute delle ossa umane, per cui si dedusse che in quel terreno
ci doveva essere stato un cimiteroebraico, a comprova ulteriore di quella
presenza nel paese.
Ive cita pure l'esistenza del
sottoportico "dei barbuti" formante l'ingresso del ghetto e così denominato
in quanto a quei tempi gli ebrei erano i soli a portare la barba.
La parola "ghetto" compare molto spesso per
definire sbrigativamente la zona della città nella quale erano situate le
dimore degli ebrei.
Le "Giudecche e le
"Ghetto" in Venice ed Istria
Inizialmente i quartieri dove si insediavano
presero il nome di "giudecche", per estensione del termine derivante,
probabilmente, da giudeo. Si crede, infatti, che il sestiere di Venezia
della Giudecca debba il suo nome al fatto che fu il luogo dove si
stabilirono i primi "zudei" giunti nell'isola. Fu la paura di vivere
isolati, lontani dai correligionari, causata dalla ricorrente ostilità dei
popoli che li ospitavano che spinse gli ebrei a raccogliersi nelle
giudecche, che in alcune città erano costituite semplicemente da una o più
vie e piazze. Ma non fu questa l'unica ragione: per mantenere e seguire i
loro precetti gli ebrei non potevano abitare presso famiglie di altre
confessioni. Ed avendo le autorità dell'epoca interesse ad incrementare i
commerci, furono presi accordi per costruire o destinare loro degli edifici
dove potessero continuare ad osservare le proprie tradizioni religiose,
svolgendo del pari attività utili alla cittadinanza.
La giudecca fu sostituita dal ghetto a
partire dal XVI secolo e fu un frutto velenoso della Controriforma. La
differenza consisteva nel fatto che il raggruppamento degli ebrei in un
punto solo della città non era più volontario ma diventava obbligatorio,
(sembra che la parola "ghetto" tragga origine dal "getto" di Venezia, una
fonderia in cui venivano "gettati" i metalli). Queste, in sintesi, le
origini delle denominazioni di giudecca e ghetto che caratterizzarono anche
in Istria i luoghi abitati dalle colonie ebraiche susseguitesi nei secoli,
senza che si giungesse però ai limiti estremi del significato di "ghetto",
probabilmente per l'esiguità numerica degli ebrei ma soprattutto per seguire
le direttive della Serenissima.
Le origini degli Ebrei
Ma quale era la provenienza degli ebrei che
si stanziarono nel territorio istriano? Il discorso è complesso. Dai tempi
della diaspora furono numerose le correnti migratorie, causate spesso dalla
furia antisemita, antica maledizione che diede luogo a veri e propri
massacri (però gli eccidi più feroci non si verificarono in Italia, alla
quale si deve anzi riconoscere di essere stata uno dei paesi più miti nei
confronti del popolo ebreo). Perciò vari furono i flussi migratori che
videro schiere di ebrei sefarditi e askenaziti muoversi tra l'Europa e
l'Oriente per poi tornare sui propri passi, a seconda delle mutanti
condizioni politiche ed economiche, mantenendo nel tempo integra la loro
fede e stretti i rapporti tra correligionari. I nomi caratteristici che
risuonano ancora nelle nostre orecchie, quali Sacerdote, Stella, Comparino
da Ganhausen o Weymar ci fanno supporre antiche provenienze sia da regioni
italiane che da paesi del Centro Europa. Ma le orme lasciate da quelle genti
per giungere in Istria in un passato più o meno lontano sono ormai
cancellate dalla patina del tempo.
Yiddish Ninna Nanna
Come le parole della malinconica e rassegnata
ninna nanna che fa parte della tradizione popolare yddish e che sarà
risuonata chissà quante volte sotto il cielo istriano, cantata da mamme
ebree vissute a
Capodistria,
Isola,
Pirano o
Rovigno:
In un angolo del tempio,
tutta sola,
siede una vedova, figlia di Sion.
Culla il suo piccolo Yidele
e gli canta una ninna nanna per addormentarlo.
Ay-lu lu, lu luSotto la culla del
mio Yidele
c'è una capretta bianca come la neve.
La capretta è andata al mercato.
Questo sarà anche il tuo destino:
venderai uva passa e mandorle.
Dormi, mio piccolo Yidele, dormi. |
Origine:
- Dal bi-mensile "Trieste ArteCultura" (
edizione telematica del Giugno 1999)
Glossario:
CITTA` ED ALTRI NOMI - Si vuole
compilare una lista dei nomi delle varie famiglie .ed associarli con le città
elencate nei successivi periodi storici. Altri dati sono forniti data la
scarsità delle sorgenti e per uso futuro.
CAPODISTRIA
- Davide Weimer e Salomone de Crucilac
- Marco and Mandolino, figli di Davide Weimeer
- Samuele de Magoncia, Abramo Liberman, Moisè di
Samuele e Samuele di Salomone
ISOLA
- Zanzotto Calbo,“podestà”
- David Mayer, visse ad
Isola nel 1478.
CITTANOVA
- Monsignor
Tommasini, vescovo di
Cittanova, autore del
"Commentari storico geografici della provincia dell'Istria"
PIRANO
- Mose Sacerdote
- Marin Sanud il Giovane (scrittore)
- I fratelli Sacerdote, Moses e Giacob, ed
Abramo con Aronne, Abramo e Aronne Stella
- La famiglia Curzolo
POLA
- Comparino di Ganhousen (con Samuel ed Iona)
ROVIGNO
- Abramo e Lucio Stella,
Antonio Ive (1851-1937)
- Contrada GRISIA
- Contrada PARENZO
- VIDELE (Un infante maschio)
TRIESTE
- Salomone, “feneratore” [prestatore] della
città di
Trieste.
- Ambasciatori Antonio e Leonardo Blagovicchio
prigioneri di: Federico conte di Cilli - Carinthia
VENEZIA = ossia “La Serenissima”
- GIUDECCA = Quartieri degli Ebrei
- Marin Sanud il Giovane, Veneziano,
diplomatico, storiografo e “cronista”, autore dell' "Itinerario per la
terraferma veneziana dell'anno 1483" - un' unicasorgente di notizie
istriane.
- “Doge” Francesco Foscari, Doge = dux = Duce =
il capo del “Consiglio dei
Dieci”
YIDDISH (in Tedesco: judisch = una abbreviazione
di judisch-deutsch=una lingua parlata da molti Ebrei europei dai loro
discendenti in molti altri continenti, e` un dialetto del Tedesco Alto, scritto
con i caratteri Ebraici,, che anche include elementi Ebraici ,Russi.
Polacchi,ecc.
GIUDEI, EBREI= “Zudei”[nel dialetto veneziano]
- Ebrei Ashkenazi: si stabilirono nella Europa
centrale e settentrinale dopo la dispora.
- Ebrei Sefardici: ebrei che proveniron dalla
Spagna e dal Portogallo prima della Inquisizione
MUSICAL ITEMS - “Ninne-nanne in YIDDISH:” similli
a quella nell'articolo si trovano nel web in un altro sito a:
https://jewishmusic.com/cgi-bin/sidedoor.pl?/ydvar63d.htm??https://infoseek.go.com/Titles?col=WW&sv=M8&lk=noframes&nh=10&qt=Yiddish+lullaby.
(Glossario steso da Franco G. Aitala)
Bibliografia:
- Presenza ebraica in Istria
(Italiano) -
https://216.239.51.100/search?q=cache:jQh9gSmZjCoC:multicultura.univ.trieste.it/ebrei/Artecultura-giugno1999.pdf+Istria&hl=en
and
https://multicultura.univ.trieste.it/ebrei/Artecultura-giugno1999.pdf
-
https://www.jewishmuseum.cz/en/aroucho.htm
-
https://www.jewishencyclopedia.com/view.jsp?artid=178&letter=L
- Misc. internet sites.
Main
Menu
This page compliments of
Franco G. Aitala, Marisa Ciceran and Guido Villa
Created: Thursday, February
24, 2000; Last updated:
Tuesday, October 04, 2022
Copyright © 1998
IstriaNet.org, USA
|