Città
d'Albona - Labin
Il distretto d`Albona è di 366 km2,
e comprende 94 paesi. Popolazione 25.983 (Città d'Albona circa 10,000).
Dichiarati al censimento del 1991: |
Croati |
11,545 |
Serbi |
523 |
Italiani |
421 |
Istriani |
9,324 |
Altri |
4,170 |
Totale |
25,983 |
La pittoresca cittadina di Albona, situata
su un colle alto 320 metri, distante solamente 4 km. dal mare. era
abitata già 2000 anni avanti Cristo. I resti di tale colonia, dell'età
del bronzo, si trovano nelle vicinanze di Albona, tra i quali spiccano
quelli di Cunzi. Il nome Albona oppure Alvona è di origine
illirico-celtica. Si crede infatti che essa sia stata fondata dai Celti,
nel IV secolo avanti Cristo, su vecchie rovine, seppure certi storici
ritengono che questo posto fosse stato costruito già nell'XI secolo
prima della nostra era. Secondo alcuni storici il nome di Albona, nella
lingua celtica, significherebbe "città sul monte" oppure "città
elevata". Tito Livio
scrisse che la sua popolazione si dedicava alla pirateria.
Dopo un primo scontro tra la popolazione del luogo ed i Romani nel III
secolo avanti Cristo, nel 177 a.C. passò sotto la dominazione Romana con
il confine sul fiume Arsa. Così Albona ed i suoi dintorni fecero parte
della provincia Romana dell'Illirico, con un alto grado di indipendenza
e di potere sui paesi limitrofi. Il più vecchio documento epigrafico
esistente ad Albona è il rilievo del III secolo dell'era nostra, con la
scritta "REPUBLICA - ALBONESSIUM".
L'Impero Romano cadde nel 476, sotto
l'urto degli Ostrogoti, ed il loro potere in Istria fu sostituito da
Bizanzio. I bizantini furono sconfitti alla metà dell'ottavo secolo dai
Longobardi, però nel 774, ritornavano nuovamente nella nostra penisola.
Quattordici anni più tardi l'Istria e quindi Albona, caddero sotto il
comando dei Franchi, con i quali perdettero qualsiasi forma di
autonomia.
In quel tempo ad Albona ebbero luogo
intensivi cambiamenti etnici, caratterizzati dall`irruzione di tribù
slave verso la fine del VI e nel corso del VII secolo, quando furono
distrutte certe parti della cittadina, tra le quali la Chiesa di San
Giusto, adiacente al campanile, il punto più alto della città.
Albona dall'888 al 902 fece parte del
Regno d'Italia e in seguito dell'Impero Romano-germanico, periodo di
intensiva formazione del sistema feudale che non corrispondeva alle
aspettative della popolazione latina e neppure di quella slava. A quel
tempo le città istriane, compresa Albona, diventavano feudi delle
famiglie nobili della Carniola.
Dal 1207 al 1420 Albona fu
sotto il potere dei patriarchi di Aquileia. A quel tempo governava il
conte di Aquileia che un tempo risiedeva ad Albona. La città veniva
amministrata dal castaldo che era autorizzato a gestire la giustizia,
imporre i tributi, e a riscuotere annualmente la decima delle pecore,
del grano e del vino. Assieme al castaldo, quale rappresentante del
Patriarca, amministrava pure lo zuppano (podestà) con due giudici,
scelti dai capofamiglia tra tutti i ceti. Dal 1300 il Consiglio
cittadino contava 24 membri, con potere consigliativo più che esecutivo,
cosa che spettava allo zuppano responsabile per la pace ad Albona e
dintorni. Gli storici
hanno segnalato che nel 1326 un certo Druzac', aveva condotto un gruppo
di albonesi, insorgendo contro il Patriarca e cercando di passare sotto
la tutela dei Conti di Gorizia, però la rivolta fu subito soffocata.
Simili proteste ebbero luogo anche più tardi specialmente quando gli
albonesi intuirono l'indebolimento del patriarca d'Aquileia ed il
rafforzarsi di Venezia, non cara a loro, per cui preferivano inchinarsi
agli Absburgo.
Nel passato dell'Albonese è importante
l'anno 1341, quando il patriarca Bertrando confermò lo statuto di
Albona, proposto dalla popolazione. Esso in sostanza non si differenzia
dagli altri statuti istriani, all`infuori della parte di accertamento
della colpevolezza per le trasgressioni più pesanti. Si trattava della
"legge della caldaia", che si applicava nel seguente modo: - la caldaia
piena di acqua veniva messa sul fuoco fatto accendere nel centro della
chiesa di Albona. Quando l'acqua arrivava a bollire, veniva gettato un
sasso legatoad uno spago, levando la caldaia dal fuoco. L'accusato
doveva infilare la mano nell'acqua bollente, e in tre tentativi cercare
di estrarre il sassetto. In caso di successo la "legge della caldaia"
proseguiva nel modo seguente: - la mano veniva infilata in un guanto
paraffinato e l'accusato veniva trasportato nella loggia comunale. Lì
rimaneva per tre giorni sotto l'occhio di una guardia di turno, dopo di
che veniva levato, alla presenza di due giurati, il guanto sigillato.
Nel caso che la mano non mostrasse bruciature, l'accusato veniva assolto
dalle sue colpe, in caso contrario veniva condannato.
Albona nel 1420 riconobbe la sovranità
della Repubblica di Venezia, i cui soldati entrarono nella città il 3
luglio. Dodici giorni più tardi fu nominato podestà Caterino Barbo,
confermato poi a Venezia. Da allora fino al 1797, Albona fu sogetta alla
bandiera di San Marco, con una certa autonomia, in quanto Venezia le
aveva riconosciuto lo Statuto, gli usi e i diritti precedenti.
Amministrava un consiglio di 24
consiglieri, e la città eleggeva il podestà confermato in seguito da
Venezia.Questi privilegi della città furono ridimensionati nel 1464,
rinunciando essa al diritto di nominare il podestà. Il podestà governava
la città con l'aiuto di due giudici e applicava la giustizia due volte
alla settimana sotto la loggia. Nello stesso posto esercitavano la
propria professione dieci notai, che tramite i loro scrivani compilavano
pure i testamenti.
Nel ricco passato di questa bella
cittadina, eretta sul colle di fronte al Quarnero, è importante il
giorno 19 gennaio del 1599. Quel giorno infatti, di notte, venne dato
l'allarme, in quanto Albona era stata attaccata da 800+ Uscocchi, ai
quali si opposero 30 soldati e circa 300 cittadini. Il podestà Marino
Molin fuggì, mentre Gianbattista Negri, di nobile famiglia
albonese, ed il curato Priamo Luciani, si diedero da fare per
organizzare la difesa della città che fu seriamente minacciata con
l'attacco alla porta principale.
Il nemico si arrampicava sulle mura
cittadine, e secondo la leggenda popolare, quando già si pensava alla
resa, fu messa in atto un`astuzia. Per le strette vie cittadine fu
organizzato un grande trambusto, faccendo rotolare dei fusti di lamiera
con pezzi di ferro all`interno. Ammazzarono un bue e fecero scorrere il
sangue per le vie, facendo credere che la buona e numerosa difesa della
città fosse riuscita ad abbattere i primi attaccanti. Davanti a tale
coraggiosa difesa degli albonesi il nemico si ritirò con delle
perdite umane senza alcun risultato. Nella ritirata gli Uscocchi, delusi
e adirati, attaccarono Fianona, provocando vittime e ingenti distruzioni
della città. E, secondo la leggenda, a questo attacco sono sopravvissute
una nonna con la figlia e da quì deriverebbe il nome Fianona.
In segno di riconoscimento, ritenendo San
Sebastiano meritevole del successo, il Santo fu scelto quale protettore
di Albona ed il suo giorno, il 19 gennaio, giorno di grande festa
comunale d'Albona.
E' interessante notare che navi di pirati
turchi hanno violato più volte le acque orientali dell`Istria. Nel 1661
gli albonesi affondarono una di queste a Punta nera = Crna punta (vicino
Valmanzinghi = Koromac'no) dove si era rifugiata per avaria.
Nel 1797 Napoleone sconfisse la repubblica di Venezia, ed Albona passò
sotto la dominazione Austriaca. Nove anni più tardi entrò a far parte
della provincia Illirica di Napoleone. La rigorosa amministrazione
militare Francese venne abbattuta nel 1813. Allora ebbe inizio
l'amministrazione della Monarchia Austroungarica che si concluse nel
1918, con la fine della prima guerra mondiale e la caduta dell`Impero
della casa Viennese.
Al tempo dell'amministrazione Austriaca
si arrivò ad una relativa prosperità mai conosciuta prima.
Oltre al tradizionale artigianato e
commercio si sviluppò la navigazione, (i velieri al port`Albona = Rabaz,
Santa Marina, Val di Tonni) - e già all'inizio del XIX secolo
l`estrazione del carbone. Ci si dedicò abbastanza all'istruzione
popolare cosicchè oltre alle scuole italiane di Albona e Fianona, in
molti altri paesi dell'Albonese, dove vivevano in maggioranza abitanti
slavi, in tolleranza tra tutte le etnie slave, (croati, sloveni, serbi,
romeni ecc.) furono aperte le scuole nella loro lingua materna, in
prevalenza croata. A Carpano, non distante da Albona, venne aperta la
scuola in lingua tedesca per i figli dei lavoratori nella miniera di
carbone.
Questo è un periodo di intensivi
investimenti nelle strade, nelle strutture postali, ecc. Furono
introdotti i libri catastali e tavolari, usati ancor oggi. Si fecero i
primi passi per il turismo a port'Albona = Rabaz, e altre località.
Per Albona è importante anche Napoleone.
Si tratta del vicerè d`Italia Eugenio, che nel 1807 promulgò un decreto
per l'esportazione del carbone, uno tra i primi documenti scritti
sull`estrazione intensiva del carbone in quest`area. L'esportazione del
carbone venne segnalata già nel XVII secolo, quando nel 1626 il signor
Filippo Veranzi ebbe dal Consiglio dei Dieci di Venezia il consenso per
l`estrazione del primo carbone di Carpano. L'industria carbonifera
registrò un ulteriore sviluppo nel 1835, quando fu comproprietario della
miniera il noto banchiere viennese Salamon M. Rotschild. Cinquanta anni
più tardi questa famiglia vendette la miniera alla ditta viennese
Trifail, sotto la quale aumentò la produzione di carbone, e incrementò
la migrazione di popolazioni dall'Austriaungheria verso Albona e
l'Istria.
Al tempo dell'Italia la miniera fu
propietà della Società Anonima "Arsia". Un tempo fu azionista pure la
"FIAT", rappresentata nel Consiglio da Giovanni Agnelli. Più tardi la
miniera passò all`Azienda Carboni Italiani, che segnalò un ulteriore
sviluppo. La maggiore quantità estratta fu effettuata nel 1942, con
1.150.000 tonnellate di carbone annue, e circa 10.000 dipendenti.
Alla miniera sono legate molte
catastrofi. La più grande è successa nel febbraio del 1940, quando a
causa dello scoppio del metano, perirono 185 minatori. Otto anni più
tardi (1948), in una simile disgrazia, nella miniera di Albona, (ai
piedi di Albona col vero nome Pozzo Littorio - vedi più tardi) sono
morti altri 92 operai, tra i quali molti prigionieri tedeschi.
Verso la fine del 1918 ad Albona entrarono le truppe Italiane, e due
anni più tardi col
Trattato di Rapallo, l'Istria, nella quale vivevano
già da secoli molte etnie, tra le più numerose essendo Italiani, Croati
e Sloveni, passò sotto l'amministrazione del Regno d`Italia.
Ben presto, con l'entrata del partito
fascista nella politica italiana, peggiorarono le condizioni di vita
della popolazione albonese. Iniziò il processo di italianizzazione
forzata della popolazione in maggioranza slava.
Il 2 marzo del 1921, (fino all'8 aprile
1921) i minatori albonesi entrarono in uno sciopero generale,e si
dichiarò la "Repubblica di Albona" - che venne soffocata
dall'isolamento e assediamento dalle milizie Italiane, e dopo 34 giorni,
senza alcun scontro armato si arrivò ad un compromesso accettato da ambe
le parti. (Durante lo sciopero i minatori appartenenti a diverse
nazionalità, ma uniti, organizzarono da soli la produzione del carbone.)
I responsabili furono assolti dal
tribunale di Pola. Questo avvenimento è passato alla storia con la
denominazione "Repubblica d'Albona"... In questo ambiente va collocata
la figura di Lazzarini Battiala e Giuseppina Martinuzzi, insegnante,
poeta, scrittrice e irredentista molto combattiva e brillante. Nata nel
1844 da una famiglia benestante albonese. Anche se educata
tradizionalmente in uno spirito italiano, ben presto optò per
l'internazionalismo, per la collaborazione e la convivenza di tutte le
nazionalità in quest'area. Già all'inizio si schierò dalla parte della
classe operaia di Albona e dell'Istria, - specialmente legata ai
minatori, ai quali da Trieste, dove lavorava come maestra, mandò aiuti
finanziari.
Tutta la sua opera letteraria è dedicata
alla problematica sociale ed ai minatori. Morì nel 1925, quale prima
donna socialista e comunista in Istria, e per suo desiderio venne
sepolta al cimitero d'Albona, accompagnata dai minatori, senza
cerimonie, con un semplice rito civile.
Al tempo della dominazione italiana
(1918-1945), Albona ed i suoi dintorni hanno avuto un periodo di forte
sviluppo economico. La produzione di carbone oltrepassò il milione di
tonnellate nelle miniere di Vines, Arsia, Pozzo Littorio (Pied'Albona) e
Stermazio. Si sviluppò pure il porto di Valpidocchio (Brsica), situato
alla foce del fiume Arsia, specializzato per il carico ed il trasporto
del carbone.
Si trasse grande profitto pure dalla
bauxite e dalla fabbrica di cemento di Valmazzinghi (Koromac'o).
All'inizio degli anni trenta fu effetuata
la bonifica del lago di Felicia (Cepich) e di Carpano nella Valle
dell'Arsa. Vicino il pozzo di Arsia, nel 1936 ebbero inizio i lavori di
costruzione di una moderna cittadina per una popolazione di oltre 3.000
persone. Quattro anni più tardi iniziò la costruzione di un'altra
cittadina, ai piedi della vecchia Albona, per altre 3.000+ persone, col
nome di "Pozzo Littorio" che dopo il 1945 fu rinominata Piedalbona
(Podlabin). Con la fine della
seconda guerra mondiale, del 1945, e a seguito anche della storica
decisione dei quattro grandi, l'Istria di nuovo senza alcun referendum
del suo popolo, passò per convenienza della guerra fredda sotto
l'amministrazione Jugoslava di Tito.
Cominciò così una nuova ondata, questa
volta di jugoslavizzazione forzata, e di migrazione da questa regione,
che nei due secoli precedenti ha contraddistinto l'estrazione del
carbone. Emigrarono gli italiani, stabilitisi tra le due guerre, come
pure la popolazione autoctona - molti istriani d`origine italiana, e di
tutte le altre etnie slave ecc. per motivi politici ed economici.
L'area fu ripopolata principalmente per le necessità delle miniere, con
popoli da altre località della ex Jugoslavia, maggiormrnte dalla
Bosnia-Erzegovina, e dal Kosovo.
Oggi (nel 1996) si calcola che solo a New
York vivono più albonesi di quanti ne siano rimasti nel paese d'origine.
All'inizio degli anni settanta, Albona ed i suoi dintorni ebbero un
nuovo dinamico sviluppo. Diminuì la produzione del carbone e si sviluppò
l'industria ed il turismo, con grandi possibilità di ulteriore sviluppo.
Con il disfacimento della Jugoslavia
questa regione (come quasi tutta l'Istria) cadde sotto la nuova
amministrazione croata, ed in seguito a scontri bellici contro i Serbi,
Albona cadde in una crisi economica.Oggi compreso la parte nuova, conta
circa 10.000 abitanti (tutto il distretto d`Albona ha circa 26.000
abitanti) La città vecchia è bene conservata, specialmente al centro,
dove si trovano pregievoli costruzioni storico-culturali di tutto il
periodo della sua esistenza.
L'antica Albona è stata la culla di
parecchi intellettuali tra i quali il primo posto appartiene a Matthias
Flacius IIlyricus (1520-1575) riformatore protestante, teologo, storico
e linguista. Nato ad Albona, da giovane studiò a Venezia. Sotto
l'influsso dello zio Baldo Lupetina, già da allora mostrò inclinazione
verso il protestantesimo.In seguito studiò a Basilea, Tuebingen, e
Wittenberg, dove all`università più tardi insegnò l'Ebraico ed il Greco.
Ben presto diventò uno dei principali collaboratori di Martin Lutero, il
quale disse: "Io lo stimo altamente, e dopo la mia morte è su di lui che
si appoggia ogni depressa speranza".
Professò un rigido puritanesimo
evangelico contro il moderato Melantone, e fu l'avversario più radicale
del papa e dell'imperatore. A causa della sua inflessibilità e lo
spirito battagliero fu costretto a fuggire da una città all'altra, da
Jena a Ratisbona, da Anversa a Strasburgo, a Francoforte sul Meno, dove
nel 1575 morì in povertà.
Flacius è autore di 300 libri, in
maggioranza in lingua latina. Egli ha ideato ed organizzato un compendio
per la storia della chiesa, edita in 13 libri, nota sotto il mome di
Centurie di Magdeburgo (Ecclesiastica historia).
Il Flacio ha scritto pure la Chiave della
Scrittura Sacra (Clavis Scripturae sacrae), il primo vocabolario
enciclopedico ermeneutico della Bibbia, il Catalogo dei Testimon della
Verità (Catalogus testium veritatis) ed altre opere.Con varie
lettere invitò il Senato di Venezia ad aprire i confini della repubblica
al Luteranesimo. Il Senato non rispose, ma conservò le lettere nel caso
che il Flacio cadesse nelle sue mani. Sposatosi due volte ebbe 18 figli.
Morì in povertà il 10 marzo 1575, a soli 55 anni, nel convento delle
Dame Bianche di Francoforte.
Gli storici slavi lo considerono croato,
facendolo nascere presso Ragusa (Dubrovnik). Nacque invece in Albona
(dove nel museo Matthias Flacius Illyricus sono esposte molte delle sue
opere) da Andrea Vlacich, e da Giacomina Luciani. Ebbe un'educazione
latina e italiana. Scrisse in latino, italiano, greco e tedesco, mai in
croato. Lo zio Baldo Lupetina, pagò
con la propria vita la sua dedizione alla Riforma. Egli nacque da
una nobile famiglia albonese nel 1502. Prese gli ordini religiosi nel
convento francescano di Piedalbona e salì rapidamente i gradini della
gerarchia ecclesastica, diventando Provinciale nel convento di S.
Francesco della Vigna a Venezia.
Quì si dichiarò in favore del
protestantesimo, cosa che corroborò nei propri discorsi. In seguito a
ciò, a Venezia venne condannato a morte, pena poi tramutata con
l'ergastolo, per finir quindi nel 1562 come si dice, annegato per non
avere voluto rinunciare al protestantesimo.
Un testimone dello spirito borghese di
Albona medioevale fu il compositore ed organista Gabrielle Puliti, che
nel 1621 risulta essere un dirigente in quella cittadina ricca, la quale
dispone di un medico, un maestro, un chirurgo, e l`organista. In quello
stesso anno il Puliti che non era nativo di Albona, ma innamorato di
essa, pubblicò a Venezia la raccolta di canzoni "Armonici accenti, voci
solo per cantare nel chitarone e in altri strumenti musicali".
Lo storico patriota Tomaso Luciani nacque
da una famiglia patrizia albonese (1818-1894) e nel 1848 fu anche
Podestà, e i cui menbri della famiglia al tempo della dominazione di
Venezia per più secoli furono consiglieri comunali, giudici e
sacerdoti. Si occupò di storia, archeologia, e degli usi del suo paese
di origine, albonese. Da giovane intelletuale si dedicò all'irredentismo
di Venezia, cioè al movimento per l'annessione all'Italia, per questo
motivo dovette lasciare Albona dominata dall'Austria e nel 1860 emigrò a
Venezia e in Lombardia, dove sostenne con numerose pubblicazioni
le speranze degli istriani per un plebiscito e per l'autonomia.
Un tempo le sue idee furono condivise
dalla giovane Giuseppina Martinuzzi. Dopo che nel 1920, con il Trattato
di Rapallo, l'Istria passò all'Italia, le spoglie mortali di Tomaso
Luciani furono traslate al cimitero d'Albona dove ancora giaciono nella
sua tomba.
Di Albona era il Barone Lazzarini
Battiala, socialista. Propietario di una vasta fattoria agraria, nel
1920 fondò l'Unione dei Minatori, (che durante lo sciopero del 1921 era
tra i principali esponentii dei minatori). Ufficiale del Reggimento
"Nizza Cavalleria", combattè contro l'Austria. Presidente della
Provincia di Pola, del Consorzio della Bonifica dell`Arsa e podestà di
Albona, modernizzò l'agricultura, prosciugò il lago di Felicia (Cepich),
e nel 1937 inaugurò il villaggio minerario dell'Arsa. Si recò a Parigi
per assicurare l'Istria all'Italia. Questa gli conferì l'onorificenza di
Conte. Fu un patriota ed uno scrittore generoso e battagliero.
Albona è oggi anche una città di artisti,
specialmente pittori e scultori, i cui atelieur sono situati tra le mura
della città vecchia. Proprio loro hanno una parte del merito per aver
salvato la città vecchia dalla distruzione verso la metà degli anni
sessanta. A quel tempo a causa dei corridoi scavati centinaia di metri
nel sottosuolo per l'estrazione del carbone, fu minacciata l'esistenza
della cittadina e la popolazione fu trasferita nelle case costruite a
Piedalbona. A tutto ciò si sono opposti per primi i pittori e gli
scultori, i quali nelle vecchie case abbandonate aprirono i loro
atelieur.
Negli ultimi cinque lustri, ha ottenuto
fama internazionale il Simposio Mediterraneo di Scultura e la collezione
di sculture nell'omonimo Parco di Dubrova, (vicino Vines) dove sono
perennemente esposte una settantina di opere di maestri dello scalpello
e martello di tutto il mondo, eseguite in questo periodo. Loro nei mesi
estivi, sotto gli alberi secolari, modellano la pietra bianca istriana,
simbolo di questa regione e della vita dura, ma tenace delle sue genti.
© Marisa Ciceran 2000
Prospetto
sinottico della composizione linguistica ai vari censimenti
Compilato da:
- Mario Demetlica di Adelaide, Australia
Fotografie:
- Sopra - Mario Demetlica (1989)
- Sotto - Marisa Ciceran (19 luglio
2000)
Bibliografia
(censimenti):
- Guerrino Perselli, I Censimenti
della popolazione dell'Istria con Fiume e Trieste e di alcune città
della Dalmazia tra il 1850 e il 1936, Centro di Ricerche
Storiche (Rovigno, 1993), p. 4.
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